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Giovedì, 3 luglio 2014

Telemaco alla prova del Semestre italiano

renzi ue

L’osservazione letterariamente più pungente, al discorso che Renzi ha pronunciato a Strasburgo, l’ha fatta sulla Stampa Massimo Gramellini, a proposito del Telemaco di cui ha parlato il premier. Riecheggiando Massimo Recalcati, che ne ha fatto materia di riflessione psicoanalitica in un suo libro recente (Il complesso di Telemaco), il premier ha infatti portato nella fredda aula dell’Europarlamento la figura di Telemaco, personaggio chiave dell’Odissea. Telemaco è il figlio di Ulisse, che per vent’anni custodisce la memoria del padre ramingo e cerca di meritarsi la sua eredità, aiutandolo a sconfiggere i Proci, principi usurpatori del regno di Itaca. Così si ristabilisce il potere del padre. Già su questo ci sarebbe da discutere, trattandosi del premier che della rottamazione dei padri ha fatto il suo motivo dominante.

Telemaco, per Renzi, dovrebbe rappresentare l’idea di un’altra Europa – quella che recupera “l’anima persa” cioè la memoria dei padri – fungendo da richiamo alle nuove generazioni del continente. Ma, nota Gramellini, i Proci, Renzi li ha proprio davanti a sé, in quell’Assemblea di Strasburgo, perché i Proci, cioè i nemici di Ulisse, stando alla metafora, oggi non sono più gli usurpatori di Itaca ma i burocrati di Strasburgo, i ragionieri di Berlino, gli eurofobici alla Farage e alla Le Pen. Non a caso il discorso del premier italiano, nella parte relativa alla necessità di una maggiore flessibilità, ha suscitato l’immediata reazione negativa in aula del capogruppo dei popolari Manfred Weber, occhiuto mandarino dell’ortodossia neoliberista.

I debiti non creano futuro, lo distruggono e il 130% del debito pubblico obbliga l’Italia a pensare soprattutto a rimettere a posto i suoi conti: questo è stato il messaggio, che non è venuto soltanto dall’esponente del Ppe ma ormai riecheggia come un’eco di battaglia negli ambienti di Bruxelles e adiacenze. E’ infatti avviato un gioco di postazioni tra chi non vuole mettere in discussione niente e chi si trova troppo nei guai economico-sociali e finanziari per accontentarsi del niente. Mark Rutte, primo ministro olandese, schierato con i falchi di Berlino, ha già fatto dichiarazione di fedeltà alla linea seguita fino ad oggi dall’Olanda e da tutto l’Ue nordico, che ha come focus indiscutibile la guida della Cancelliera tedesca. Perché le divergenze sulle questioni economico-sociali e sul resto oggi travalicano le parti politiche – le larghe intese europee dicono questo – e passano invece per linee geografiche. Nord e Sud. L’Italia ma anche la Francia, oltre al resto dei Paesi mediterranei, sono tra i Paesi che stanno seriamente nei guai e chiedono interpretazioni più flessibili delle rigidità. Bisognerebbe seriamente, strategicamente ripartire da qui, dagli interessi comuni di questi Paesi, per modificare la dialettica politica in Europa. Non per chiedere soltanto un’interpretazione più flessibile della flessibilità ma per scrivere l’agenda del cambiamento, mettendo subito sul tappeto quelle modifiche sostanziali di cui c’è bisogno oggi per tenere insieme l’Unione, perché senza quelle modifiche l’Europa non ha futuro. La coincidenza tra l’interesse dei Paesi più nei guai e l’Europa: o si parte da qui o ci si ferma in stato comatoso

Grande retorica e esile profilo programmatico, con in più molta baldanza fiorentina nel controbattere, spesso in salsa di orgoglio nazionale, a ogni critica, con sottolineature degli altrui debiti e deficit (la Germanica che nel 2003 sforò e fu aiutata è ormai il motivo dominante della polemica Renzi): queste sono state in sintesi le caratteristiche del discorso con cui il premier ha dato il via al semestre italiano. Cioè poca roba.

Renzi è stato come sempre straordinario nella capacità di parlare con l’intento di stupire, accattivarsi l’opinione pubblica, disegnare prospettive future, come sempre per altro nebulose. Se d’altra parte non si affrontano i nodi strutturali in termini di proposte concrete, non se ne esce e la fuffa delle chiacchiere ha sempre il sopravvento. Renzi fa la sua parte di comunicatore con dovizia di allusioni, battute, sottolineature, scomodando nomi illustri della storia e della letteratura.

Alla fine però l’impressione, soprattutto tenendo conto che il suo discorso è stato fatto in un luogo così pesantemente segnato dalla logica tecnocratica della governance europea, quindi senza possibilità di reale appeal comunicativo, è che l’inquilino di Palazzo Chigi continui a tenere l’occhio fisso soprattutto sugli umori della parte italiana che guarda a lui, che ha bisogno di un mix rassicurante e anche di qualche richiamo in salsa nazionale. E la sfida europea è per il momento ridotta a controbattute alle battute degli ortodossi, con in più quell’allusione ai segreti punti di accordo che Renzi avrebbe con Angela Merkel, che risolverebbero tutto ma di cui poco o nulla si sa. Insomma una recita a soggetto, che è la sua caratteristica. L’intento di “creare un’atmosfera”, come diceva un vecchio spot dell’antico Carosello della pubblicità. Che è il suo gioco illusionistico.

Renzi, realisticamente, perché è un realista un po’ cinico, già mette in conto che i frutti del semestre saranno avarissimi e la strada europea continuerà a essere impervia. Soprattutto sa che la sua azione resterà entro le linee delle compatibilità stabilite. Perché glielo chiede chi conta, a cominciare dal Presidente della Repubblica. Questo – che vuole restare nell’ambito delle linee stabilite – Renzi lo ripete continuamente e sa che questa impostazione non potrà produrre neanche un piccolo avanzamento sul terreno della ridiscussione di fondo delle regole e dei vincoli. Il suo discorso al Parlamento Europeo ne è stata una chiara dimostrazione; la partecipazione, poche ore dopo, alla trasmissione di Bruno Vespa, ha rimesso ancora in scena lo stesso cliché. Noi, dice Renzi, non abbiamo paura dei giudizi europei, ci stiamo mettendo a posto con le riforme, abbiamo un crono programma, siamo seri. Rispettiamo regole e vincoli ma non possiamo accettare i pregiudizi.

Ma gli impegni del premier per il semestre italiano –la “ciccia” per dirla chiaramente – restano vaghi e indefiniti, non sono programmaticamente in grado di cambiare nemmeno in parte l’insieme dei dispositivi che impediscono la ripresa economica, il rilancio dell’occupazione, un po’ di respiro per chi è stato disastrato dalla crisi, imprese, lavoratori, famiglie, come dicono tutti. E i giovani, ragazze e ragazzi, il disastro di questa epoca. Mai come oggi le chiacchiere stanno a zero e la “ciccia” è la materia ideale per ridare fiato e appeal all’Europa.

E’ ancora possibile, nell’epoca dell’ evaporazione del padre – questa la riflessione di Recalcati – un’eredità autenticamente generativa. Telemaco ci indica la nuova direzione verso cui guardare, perché “Telemaco non è il figlio narciso ma è la figura del giusto erede”. Un insieme di messaggi da decifrare insomma. In chiave psicoanalitica il mito di Telemaco e l’interpretazione in chiave di “giusto erede”, al di là del merito, offre, con tutta evidenza, materia di discussione sulla crisi dell’ordine patriarcale, ma vien da chiedersi appunto come mai Renzi, il rottamatore, si metta nelle vesti del “giusto erede”, cioè di colui che fa di tutto per restituire il regno al padre, restando in secondo piano, al punto che l’Odissea si conclude senza dirci quale sarà il suo futuro. Sarà re, dopo Ulisse? Non è detto perché la legge dinastica non stabiliva questo. Inoltre, in chiave più politica, il mito omerico ci racconta che, per essere “giusto erede”, Telemaco deve battere i perfidi Proci. Il che richiama alla Presidenza italiana e alla Troika. Qui si parrà tua nobilitate, direbbe il grande fiorentino. Vedremo.

Il miglior utilizzo della flessibilità, secondo le faticose intese raggiunte nel Consiglio Europeo del 26 e 27 giugno: siamo per il momento concretamente solo a questo punto. Oltre che a Telemaco. E come segnala il Sole 24 ore, che della materia ha competenza, la cosa è tutt’altro che scontata.

Per questo il Semestre italiano merita davvero il massimo dell’attenzione politica.

 

 

 

Commenti

  • massimo

    Il solito incantatore di serpenti,nulla di nuovo.

  • alberto ferrari

    Cara Elettra, temo, e me ne dispiaccio, che difficilmente, tu ed io, potremo andare d’accordo. Come te, credo, vengo da una lunga militanza nel PCI, poi Pds , ecc.. Ma sempre o cercato di non essere quella sinistra che sa sempre tutto. Che sa, sempre, come stanno le cose. Che ha certezze. Sempre. Una sinistra che sembra non distinguere tra una discussione colta … poi ognuno va a casa sua a dormire, da un tavolo politico dove contano anche le posizioni degli altri, avversari o della stessa area politica. Perché poi, , nel farsi della politica, vengono le necessità, se non si è maggioranza assoluta ( cosa peraltro pericolosa in democrazia) delle intese, delle mediazioni, delle necessità di tenere conto delle posizioni altrui.
    Recalcati a contrapposto il senso del bisogno di Telemaco, delle nuove generazioni ( quelle nate negli anni ’70 d’oggi) che è senso e bisogno del padre che riporta le regole, l’eredità, che però non è “data” , avverte Recalcati, ma va riconquistata, fatta rivivere, la voglia dunque di essere messi alla prova, con il bisogno Edipico della generazione del ’68 e del post ’68: la rivolta la ribellione l’uccisione del “padre” e di ciò che il padre rappresentava. Questo è il senso e che Renzi, come ho ascoltato in diretta da Strasburgo, ha cercato di dire: noi siamo la generazione che vuole andare oltre la protesta, la generazione che vuole essere messa alla prova che vuole provarci. Posso non condividere Renzi, e molto di lui non mi convince. Ma se si reinterpreta, e a mio parere non correttamente, ciò che ha detto Renzi, se non si parte da qui, dalla differenza tra ciò che sottende il bisogno della generazione Telemaco, che è bisogno di tornare a misurarsi con le cose da fare, che è la vera eredità dei padri (da reinterpretarsi ovviamente), rispetto al bisogno della generazione “Edipo” , che è bisogno di ribellione sic e simpliciter, allora si che diventa difficile comprendere ciò che sta avvenendo. Sel si era messa nel solco di una sinistra che non vuole rinnegare l’eredità dei padri ( non basta il solo ribellismo) ma vuole mostrarsi capace di governare le complessità. Così è stato, ovviamente a mio avviso, sino all’ultimo congresso. Oggi questo progetto e molto meno chiaro e, in SEL, Edipo sembra voler reimporsi sul bisogno di Telemaco. E’ un grave errore che ci fa leggere male anche ciò che ha comunque fatto Renzi a Strasburgo: rendere il parlamento europeo un vero soggetto politico perché trasversale rispetto alle idee politiche ( il Pse non è il Ppe ) e non rispetto agli Stati. Le impertinenze fiorentine di Renzi hanno costretto il PPE, non la Germania non l’Olanda, a prendere posizione in aula e trovarsi contro non l’Italia non la Francia, ma il PSE. Negare questo è non tenere conto che la politica non è avere ragione in una discussione accademica sui principi ( vizio di tanta sinistra attuale), ma aprire varchi di discussione e di scontro politico, di contrapposizioni e di alleanze. In altre parole è “fare politica” . E non importa chi sarà re dopo Ulisse. Ciò che importa è che , anche grazie a Renzi , la politica, e non solo gli Stati, in Europa sembra essere tornata al centro del dibattito. Facciamo si che SEL non ne resti fuori.

  • Marco

    Si, avrai anche cercato di non essere quella sinistra che sa sempre tutto ma pare che questa volta ti non ci sia riuscito: il tuo è un inno all’apodittica.
    Un saluto :-)

  • nino

    elettra deiana è una fine dicitrice e non l’ha detto, ma io posso farlo perchè non lo sono. La generazione telemaco è un’altra supercazzola di questo imbonitore.

  • claudio

    No Marco, ti sbagli completamente ed è da supponenti liquidare con un giudizio tranchant, come fai tu, la riflessione molto interessante di Alberto Ferrari.
    Riflessione che condivido e sulla quale invito a riflettere; perche non andremo molto lontano se continuiamo ad eludere il tema del confronto con le idee altrui e sopratutto con il tema delle relazioni, dei rapporti di forza e della lealtà pattizia all’interno delle alleanze. E credimi i troppi e continui distingui e le distanze che in ogni occasione prendiamo da un soggetto politico come il PD e da Matteo Renzi che con tutte le loro contraddizioni e limiti sono comunque portatori e rappresentanti di una platea importante (e maggioritaria) dei cittadini progressisti di questo paese è tutt’altro che un segno di forza ed integrità (come istintivamente ed orgogliosamente siamo portati a credere) ed è invece il sintomo di una debolezza di autorevolezza ed idee che ci portano ad auto-ghettizzarci rifugiandoci in una rassicurante quanto sterile marginalità.

  • alberto ferrari

    Guarda che la generazione Telemaco è nata dalle riflessioni dello psicanalista lacaniano Recalcati, docente peraltro presso l’Università di Pavia. Riflessioni che sono alla base del suo notissimo libro “Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo la scomparsa del padre”.

  • francesco

    La strada da imboccare vi è stata aperta da Gennaro Migliore e da altri suonatori di piffero.La corte di Re Renzi è ben felice di assumervi come saltimbanchi per allietare le ore d’ozio dei nuovi ricchi.

  • nino

    vedo che la supercazzola del presidente la metti sul piano colto. E’ certamente nata, questa espressione, da recalcati, ma usata da renzi è solo un po’ di fumo per riempire un discorso vuoto di progetti e di idee.

  • nino

    matteo renzi rappresenterebbe i cittadini progressisti di questo paese, realizzando le stesse idee del berlusca e dei suoi amichetti.? Questo sì che è progressismo!

  • claudio

    Ognuno è libera di pensarla come vuole ma dovrebbe almeno avere la decenza di non scordarsi completamente dei fatti (fatti e non opinioni).
    Ultime elezioni europee: PD 40,81% (11.172.861 di voti); Lista l’Altra Europa con Tspras 4,03% (1.103.203 voti), Verdi Europei-Green Italia 0,89%.
    I casi sono dunque due o i cittadini di orientamento progressitsa in Italia sono una sparuta minoranza (meno del 5% dei votanti alle ultime elezioni europee) o la maggioranza di essi si sente rappresentata dal PD.
    Io trovo più (decisamente) plausibile la seconda ipotesi.
    Tu puoi fare finta che non sia così e continuare a credere di essere (assieme a pochi altri) l’ultima anima bella del paese ma così dimostri solo di essere un’arrogante supponente e niente più.

  • claudio

    Come ho risposto a Nino, anche tu Francesco puoi continuare a credere di essere
    (assieme a pochi altri) l’ultima anima bella del paese ma così dimostri
    solo di essere un’arrogante supponente e niente più.

  • nino

    sono semmai un arrogante, perchè di genere maschile. Ma il progressismo di renzi, che tu vedi con lenti malfatte, non c’è, non esiste. Esiste soltanto un presidente del consiglio che scaltramente raccatta voti, chè la gente ha bisogno di 80 euro al mese, e racconta supercazzole, che gente come migliore e fava si beve per necessità di poltrona.

  • Marco Baggioli

    Io umilmente credo che ognuno dovrebbe farsi un po’ di autoanalisi, un esame di coscienza e decidere se sia o no giunto il momento di entrare nel PD di Renzi. Senza scomodare Telemaco o i grandi sistemi.
    La questione è molto semplice : le idee, la forza, la prospettiva del PD di Renzi sono la scelta migliore per la sinistra, il patto con Berlusconi è solo un mezzo per riformare questo paese, esco dal SEL entro nel PD.
    Oppure SEL rappresenta il luogo ed il partito politico che permette nella dialettica di rappresentare gli interessi di lavoratori, disoccupati, precari, pensionati, emarginati, è la forza che è in grado di unire la sinistra e, attraverso la politca, operare quel cambiamento necessario nella sociaetà italiana, anche rischiando di “attraversare il deserto” per un determinato periodo, decido di restare in SEL.
    Chi ha intravisto strade migliori segua il cuore o la ragione (sua).
    Io resto in SEL.

  • claudio

    lasciamo fuori Migliore, Fava e gli altri le cui motivazioni (valide o meno che siano) non sono rilevanti ai fini di un giudizio sul PD e su Renzi (tanto che non mi ricordo da parte tua e di tanti altri tutta questa acredine nei loro confronti quando era Vendola a pontificare sul confluire in quel partito solo poco prima di un anno fà). Quello che sostengo – fatti alla mano – non è un giudizio sul PD o su Renzi a cui non attribuisco alcuna patente di progressismo (non perchè la meritino o meno ma perchè io NON ho – come non ce l’hai tu – alcun titolo né per attribuirgliela, né per negargliela) ma che gli elettori di cultura progressista votano in prevalenza il PD di Renzi (a dispetto del PD ad altra guida che aveva un consesso assai minore). Punto. Questi sono i fatti. Ti consiglio inoltre di essere meno supponente nel giudicare gli altri (parliamo di più di 11 milioni di italiani con diritto di voto, se ci riferiamo alle ultime elezioni europee) tacciandoli di venduti per 80 euri/danari.
    Sei Dio in persona (sempre che esista) per conoscere le motivazioni di altri individui? leggi nella loro mente?
    Conosci fonti documentali (in questo caso facci la gentilezza di pubblicarle) in cui la maggiornanza di chi ha votato PD alle ultime elezioni europee ha dichiarato testualmente di averlo fatto per questo motivo?
    Le tue sono solo supposizioni ed opinioni del tutto personali (oppure dirigi un’istituto demoscopico e sei in possesso di dati statistici che lo attestano?; anche in questo caso se li hai pubblicali) ed il considerarle (da parte tua) come verità è solo arroganza che di squalifica come persona.

  • claudio

    credo, Marco, che discutere possa servire proprio a questo. L’esame di coscienza che invochi – a mio modesto modo di vedere – non può essere fatto solamente davanti allo specchio. Certamente la decisione finale è individuale e spetta a ciascuno di noi, ma discutere, confrontarci, dibattere può servire a farci progredire a rafforzare o a mettere in discussione quanto fino ad oggi abbiamo maturato (ho le mie idee, che non spaccio per verità e che soprattutto sono disposto a rivedere se mi rendo conto, confrontandomi con gli altri, della loro fallacità). Discutere non fà mai male, anzi quasi sempre è proficuo. Indipendentemente dalle scelte a cui ci porterà che devono sempre essere rispettate. Quello che invece non serve è demonizzare o erigersi super partes dividendo gli altri in buoni o cattivi, come (purtroppo) anche qui qualcuno non riesce a non fare.

  • nino

    perciò secondo claudio coloro che hanno votato pd, in un momento di crisi economica gravissima, l’hanno fatto perchè sono progressisti e non per gli 80 euro mensili, che servono piu’ del pane. La gente è giusto che voti per chi aumenta i salari e le pensioni, ci mancherebbe altro!

    Quindi da parte mia grande rispetto per tutti coloro che hanno votato. Non contesto certamente questo. Ciò che contesto sono le supercazzole di uno, che non avendo niente da dire dal punto di vista dell’economia, ogni discorso lo imbelletta con il niente, dipinto con tutti i colori dell’arcobaleno (supercazzola alla renzi).

  • francesco

    Non fai altro che sviolinare per Matteo Renzi solo perchè ha fatto incetta di voti ricorrendo al “voto di scambio” promettendo ad alcuni lavoratori occupati euro 53.33 (e non 80 come erroneamente si crede, il conguaglio sarà regolato a fine anno!). Smettila con questo mantra se non vuoi scadere nel ridicolo. Non è detto che chi ha più consensi abbia ragione. Anche Mussolini e Hitler erano osannati dalle folle.

  • claudio

    qui ti sbagli davvero alla grande Francesco e lo fai perchè non leggi ciò che gli altri scrivono ma ti limiti ad un’occhiata superficiale e sulla base di quella decidi.
    Se leggessi con più attenzione io mi limito sostanzialemte a sostenere due cose:
    1) che non si può sic et simpliciter liquidare il PD e Renzi come reazionari e se circa il 40% dei votanti alle ultime elezioni europee (più di 11 mlioni di voti) hanno dato la preferenza a quel partito (ed indirettamente alle proposte di Renzi), essendo quella parte di elettorato quella con cultura prevalentemente progressista, in qualche misura con quel risultato ci si deve fare i conti per interrogarci su quali siano le aspettative del “popolo progressista” iatliano oggi. Come vedi nessuna sviolinatura a nessuno.
    2) che la terra di mezzo non esiste se non nelle nostre menti, dobbiamo fare una scelta di fondo sui nostri rapporti con il PD, ho è un alleato o un nemico e non si può continuamente passare da un rapporto ad un’altro perchè diamo l’impressione (la diamo perchè è reale) di non sapere proprio che pesci prendere.
    Sel è nata da un distacco sulla base di un orizzonte. Se quell’orizzonte era sbagliato (ed è possibile che lo sia, io non lo nego a priori, a prescindere dal mio punto di vista in merito) allora lo si riconosca palesemente e si tracci un nuovo orizzonte. Ma in questo caso, coerenza e credibilità vuole che la classe dirigente che ha sbagliato (incluso, oltre Vendola, Frattoiani, La Deiana, Ferrara e tutti quelli che erano in prima linea a sostenere la bontà dell’altro orizzonte, come erano ad applaudire Vendola quando poco più che un anno fà diquisiva sul fondersi nel PD) si faccia da parte e lasci il partito ad altri. Sinceramente non è sopportabile e soprattutto non è credibile politicamente che per Vendola e Frattoianni il PD sia buono a Bari (dato che senza di esso il primo non sarebbe presidente della regione ed il secondo non sarebbe assessore nella sua giunta) e cattivo a Roma. Il PD è il PD (Renzi o non Renzi, non prendiamoci in giro), dunque si abbia almeno il coraggio di assumere una posizione chiara in proposito e che non si debba assistere all’ennesima giravolta lessicale tra qualche mese.

  • Elettra Deiana

    Caro Ferrari, la crisi del patriarcato, per stare al modo come tu ti sei posto rispetto alla costruzione del recalcatiano mito di Telemaco – di cui per altro Renzi si appropria senza citare la fonte – può essere interpretata e rivisitata in chiavi diverse. L’evaporazione del Padre come autorità del logos è fuori discussione, almeno in Paesi secolarizzati come il nostro e persino il Papa deve farsi pop per comunicare i suoi messaggi, che sono sempre meno ispirati al “logos” e sempre più moral suasion. Ma l’evaporazione del Padre non significa la fine del desiderio maschile di esercitare il potere. Infatti il potere continua a essere soprattutto in mani maschili. Recalcati – che su Repubblica non a caso ne ha fatto un must – offre una rivisitazione della crisi del patriarcato in chiave di recupero della schiatta maschile, quindi di ricostruzione di una legittimità della “conquista del regno” da parte del figlio che si metta alla prova. Dal mio punto di vista, che è quello di una femminista, è una rivisitazione che io chiamo di “patrircalismo di ritorno”. La crisi del patriarcato è anche crisi dell’identità maschile e rimessa in discussione dei meccanismi di fondo dei rapporti delle donne con l’ordine maschile, quindi è tale da mettere in gioco un radicale processo di trasformazione delle relazioni tra i sessi e tra le differenze umane che il patriarcato aveva sistemato secondo la sua logica e oggi non è più così. Questo per dire che il mito di Telemaco in versione recalcatiana è un aggiustamento non solo “maschile” mA illusorio e manipolatore. Telemaco al posto di Edipo? Telemaco che invece di ammazzare il padre per prenderne il posto sta davanti al mare aspettandone il ritorno per ristabilire la sua legge? Che vive nello sfacelo e rischia di ereditare il niente? Che cos’è: una riabilitazione dei rottamatori che, grazie al grande vecchio che fa loro da Lord Protettore, hanno capito che l’aiuto può venire anche da quella parte?
    Il fascino dello stare sull’onda è forte soprattutto quando tutto evapora e le distanze sono incolmabili, i linguaggi incomunicanti e quello che ieri sembrava importante oggi slontana. Il sucesso di Renzi è oggi una calamita che attrae e acceca. E’ quel che rimane della volontà d potenza della sinistra che ha lasciato soltanto macerie. Quel successo è nutrito dell’insuccesso della politica – di tutti i colori – nel tenere insieme le vite con le istituzioni della Repubblica, con la difesa di ciò che fa ancora la differenza tra una cosa e l’altra e altro. Il 40 per cento a fronte della fuga dal voto, a quel più di 20 al M5S, a tutto il resto, Io non appartengo alla sinistra che sa tutto e personalmente aborro; dubito che oggi sia possibile ricostruire una qualche mappa veritiera che stabilisca delle differenze per cui valga la pena di darsi da fare con la necessaria determinazione politica. Sicuramente rimango convinta che gli scarti critici, l’occhio vigile, la parresia istituzional-mediatica, il diritto all’opposizione politica siano il sale della democrazia nonché l’eredità più preziosa che i nostri padri e delle nostre madri – quelli che scelsero nel tempo di fare quella scelta – ci hanno lasciato. E ciò che resta per verificare dove si va in questa fase del tutto uguale a tutto, del tutto che si renzizza in modo più pervasivo di quanto succedesse all’epoca del berlusconismo, quando la sicumera di certa sinistra ha ridotto l’essere di sinistra all’antiberlusconismo etico-morale, mentre il neoliberismo avanzava.

    Renzi, scrive Marco Baggioli, è portatore di una piattaforma che racchiude il meglio del programma progressista. Sarebbe una bella discussione da fare, perché personalmente sono convinta che sono proprio le semantiche di base a essere saltate. Che vuol dire programma progressista nell’epoca in cui il neoliberalismo vince’ Oppure di che parliamo? Appunto, temo, di emendamenti insignificanti, codicilli in aggiunta, aggiustamenti benevoli. Renzi ha un pregio: l’immediatezza comunicativa. Ma quel dono straordinario non serve a chiarire nulla, piuttosto a nascondere tutto.

  • Marco Baggioli

    Io umilmente credo che ognuno dovrebbe farsi un po’ di autoanalisi, un
    esame di coscienza e decidere se sia o no giunto il momento di entrare
    nel PD di Renzi. Senza scomodare Telemaco o i grandi sistemi.
    La
    questione è molto semplice : le idee, la forza, la prospettiva del PD di
    Renzi sono la scelta migliore per la sinistra, il patto con Berlusconi è
    solo un mezzo per riformare questo paese, esco dal SEL entro nel PD.
    Oppure
    SEL rappresenta il luogo ed il partito politico che permette nella
    dialettica di rappresentare gli interessi di lavoratori, disoccupati,
    precari, pensionati, emarginati, è la forza che è in grado di unire la
    sinistra e, attraverso la politca, operare quel cambiamento necessario
    nella sociaetà italiana, anche rischiando di “attraversare il deserto”
    per un determinato periodo, decido di restare in SEL.
    Chi ha intravisto strade migliori segua il cuore o la ragione (sua).
    Io resto in SEL.

  • Marco Baggioli

    il mio invito “all’autoanalisi” non significa che io pensi che “Renzi sia portatore di una piattaforma che racchiude il meglio del programma progressista”. Ma quale progresso ? Dico semplicemente che è ginto il tempo delle scelte, io l’ho già fatta, sono un militante di SEL e resto in questo partito.
    I dieci “fulminati sulla via di Damasco” che sono usciti dai gruppi parlamentari di SEL e senza dimettersi da deputati, quindi mantenendo il loro disdicevole stipendio di circa diecimila euro/mese hanno operato una scelta, ai miei occhi, pavida. Salgono sul comodo “carro del vincitore”.
    Quello che chiedo a voi intellettuali è una cosa sola :
    AMARE IL POPOLO !
    Avere empatia con chi si vuole rappresentare. Senza questo identificarsi, questa empatia, questo farsi carico con abnegazione con c’è sinistra!
    E’ un impegno che è riuscito solo a grandi intellettuali come Gramsci, che riusciva a descrivere le dinamiche politiche e sociali, individuare il processo di egemonia culturale e nel contempo valorizzava la cultura popolare contenuta nelle filastrcche, Simone De Beauvoir, che con vent’anni di anticipo sul femminismo parlava di sessualità femminile, di parità, di libertà per tutte le donne, Pier Paolo Pasolini che leggeva nella trama dell’Italia del dopoguerra la fine della cultura popolare verso una omologazione conformistica della società.
    Quindi cari intellettuali abbiate il coraggio di AMARE IL POPOLO, la forza, il sudore, l’odore, capirlo anche quando sbaglia, se volete essere guida dovete identificarvi.
    lavoratori, il pensionati, precari, studenti, disoccupati, piccoli imprenditori, artigiani, donne, uomini sono la linfa vitale di un partito di sinistra, è fondamentale difeendere i loro intersessi, espandere i loro diritti attraverso le lotte e la politica, per cambiare questa società.

  • Elettra Deiana

    Caro Baggioli, sul punto delll’essere in sintonia col sentire popolare, del capire radicalmente che cosa muove attese, rancori, speranze, illusioni del popolo, del saper misurare la propria politica a partire da questa “connessione sentimentale”, col popolo, su questo punto sono del tutto d’accordo con te, Non sono però gli intellettuali a essere distanti, anche loro, moltissimi, ma sono soprattutto gli esponenti politici, uomini e donne, i gruppi dirigenti, le rappresentanze istituzionali. La crisi della sinistra ha in questa lontananza la sua ragione fondo, il declino inarrestabile della rappresentanza democratica affonda qui le sue radici. Più volte ho sostenuto che prima di criticare le modalità politico-istituzionali o comunicative dei Cinque stelle – crticabili quanto vogliamo – si dovrebbe però capire che cosa muova un così cospicuo numero di donne e uomini a votarli, che cosa abbia catturato nel voto il rancore e la rabbia che si sono accumulaio negli anni contro i palazzi e che la sinistra non ha saputo cogliere neanche in minima parte. Ovviamente se è vero che senza empatia col popolo – con i settori popolari di riferimento – non c’è sinistra degna di questo nome, l’empatia in sé non produce automaticamente una politica di sinistra. L’empatia è l’alimento di un’impostazione democratica della politica che sia sentita come utile dall’elettorato popolare, ma è anche l’alimento della torsione populista che la politica sta subendo. Renzi è sicuramente in presa diretta col popolo, è un populista che manovra dall’alto i dispositivi della demagogia,creando un flusso comunicativo ipnotico con vastissimi settori dell’elettorato. Che ami il popolo, non lo so e non lo credo. Ne usa da maestro le ragioni, le spinte, le attese. Che voglia effettivamente dare una risposta ai problemi enormi che la crisi scarica sul popolo in termini di ritorno al principi fondamentali di una politica della giustizia sociale, dell’uguaglianza ecc. è assai improbabile. Anzi io non lo penso affatto. Ma su questo e altro forse ci siamo chiariti e siano d’accordo. Ciao.

  • alberto ferrari

    Cara Elettra, non so quanto importi ai compagni questa nostra discussione, ma credo che ogni sforzo per capire quanto stia oggi avvenendo attorno a noi possa essere utile, anche quello che, più che psicoanalitico chiamerei di tipo sociologico. Non sono io, ma Recalcati che su la Repubblica del 3 luglio scrive: “Il nostro tempo non è il tempo degli adulti che non esistono più e di cui la crisi della politica è stata una delle manifestazioni più acute. I padri si sono persi nella maschera paradossale di una giovinezza che non vorrebbe mai finire confondendosi coi loro figli. La notte dei Proci che ha caratterizzato i nostri ultimi venti anni è anche la notte di una caduta della differenza simbolica tra le generazioni. Oggi è il tempo dei figli e del loro viaggio: Telemaco, diversamente da Edipo non vuole la pelle del padre, non rifiuta la filiazione, non entra in un conflitto mortale con i suoi avi. Sa che per riportare la Legge ad Itaca bisogna unire le forze, bisogna rifondare un patto tra le generazioni.” è Recalcati che pone il contrasto tra Telemaco e Edipo. Tra una generazione ribelle, la nostra, che visse pressoché solo la protesta, senza la proposta, e una , forse nuova, generazione Telemaco che diversamente da Edipo pone il problema del voler essere messa alla prova. Anche se ancora incerta, titubante, tanto che è necessaria Atena (la ragione, la sapienza ) a spronarlo a dirgli in modo quasi di rimprovero che non è più tempo di timori e timidezze: il padre ( l’eredità) se lo deve andare a cercare! e smetterla di aspettarne passivamente il ritorno. L’eredità non è data. Va voluta, cercata !
    Se non parti da qui , da Telemaco diverso ed antitetico ad Edipo, non ci possiamo intendere . Ma non possiamo neppure intendere perché io vedo nelle ultime scelte di SEL un arretramento . Un tornare ad Edipo, che non centra nulla se maschio o femmina. Edipo come il simbolo della ribellino, della rivolta senza la capacità della proposta. O, una proposta che, continuando ad avere il tarlo delle verità assolute o lontane, appare di fatto come una lontana utopia verso la quale la generazione Telemaco sembra non prestare la stessa attrazione che prestavamo noi non perché non attraente, ma perché così lontana dalle quotidianità sulle quali misurarsi subito e concretamente ( anche con il rischio di sbagliare ovviamente) da apparire terribilmente frustrante . E non c’è nulla di peggio per i giovani della frustrante impotenza.
    Un fraterno saluto.