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Venerdì, 26 settembre 2014

Vertice Sul Clima a New York, buoni propositi ma pochi atti

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Il Mondo da qualche giorno ha finalmente puntato la lente d’ingrandimento sulla tematica ambientale. Le persone che abitano il nostro Pianeta si sono dimostrate pronte ad affrontare a viso aperto i cambiamenti climatici che ormai sono tangibili ad ogni comunità.

La dimostrazione più chiara ed evidente dello sviluppo di tale sensibilità è la manifestazione organizzata nella città di New York dal titolo “People’s Climate March”con slogan“To Change Everything, We Need Everyone” . Oltre ai circa 300.0000 partecipanti che hanno sfilato lungo le strade della Grande Mela (che ha tra l’altro registrato 100 arresti tra i manifestanti del movimento #FloodWallStreet riunitisi per protestare contro il sistema di interessi economici che ritengono responsabile degli attuali cambiamenti), più di 1 milione di persone hanno preso parte domenica scorsa alle manifestazioni parallele che hanno visto coinvolte circa 3000 città in 166 Paesi diversi. Roma, New Delhi, Parigi, Londra, Istanbul sono solo alcune delle capitali che hanno accolto positivamente l’appello delle maggiori associazioni ambientaliste (in Italia tra le principaliWWF, Legambiente, Greenpeace).

Il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-Moon ha convocato il 23 settembre al Palazzo di Vetro un Summit definito “d’emergenza” per discutere universalmente dei problemi climatici che derivano ormai inconfutabilmente dalle grandi concentrazioni di CO2 che “intasano” la nostra atmosfera con l’obiettivo di giungere pronti alla 21esima Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici di Parigi 2015.

Perché il timore che Parigi 2015 possa concludersi con obietti non vincolanti e inefficaci, come quelli presi tra l’insoddisfazione generale a Copenaghen nella Conferenza del 7 – 18 dicembre 2009, non è solo preoccupazione di scienziati ed esperti di clima ma ad oggi è divenuta anche motivo di apprensione per molti governi nazionali che vivono l’insostenibilità, anche economica, dei grandi eventi estremi sulla loro pelle e quella dei loro cittadini.

“Il mondo deve prendere un altro corso e vi chiedo di mettervi a capo di questo cambiamento” ha dichiarato il 23 settembre Ban Ki-Moon durante il Summit di fronte all’Assemblea.

Ed è proprio in quell’Assemblea, a cui erano stati invitati i leaders di 120 Paesi, che le assenze importanti del Presidente cinese Xi Jinping e del Primo Ministro indiano Narendra Modi si sono fatte sentire: sicuramente non un bel segnale da parte di due Paesi che giocano un ruolo pressante nell’inquinamento mondiale. Al contrario davvero importante è stata la presenza di 800 tra leaders della Finanza, del Buisness e della società civile che hanno affiancato i vari Capi di Stato e di Governo.

Tutte le Nazioni sono oggi chiamate a realizzare politiche incisive per l’abbattimento delle emissioni di CO2 che non possono più attendere inermi il raggiungimento dei famosi 2°C in più rispetto al periodo di pre-industrializzazione, livello di temperatura ormai posto come traguardo di non ritorno per il clima così come lo conosciamo noi oggi con ancora poche prevedibili conseguenze per gli esseri umani e per numerosissime specie viventi che saranno chiamate ad affrontare tale violento mutamento.

Ban Ki-Moon sottolinea nel suo discorso come alla lotta ai cambiamenti climatici sia indispensabile affiancare forti finanziamenti. Finanziamenti che una coalizione composta da 160 istituzioni, governi locali e più di 500 le privati,si sono dichiarati pronti aeseguire sottoforma di trasferimento di circa 50 miliardi dollari, già destinati ad investimenti in combustibili fossili,nell’arco dei prossimi tre anni, in investimenti in nuove fonti di energia.

L’Unione Europea ha confermato il suo impegno nella riduzione del 40% delle emissioni totali rispetto al 1990 entro l’anno 2030, commissionando inoltre 3 miliardi di dollari tra l’anno in corso e il 2020 per centrare obiettivi di “low Carbon” in quei Paesi con economie in via di sviluppo.

Dichiarazioni importanti sono state quelle del Presidente Barack Obama che sottolinea come la velocità con cui questi cambiamenti continuano a superare le politiche di contrasto che vengono messe in atto è davvero sorprendente. La coscienza che dal problema non è esente nessun Paese del mondo, sia esso in via di sviluppo o no, deve far si che tutti gli interpreti della politica debbano mettere in campo strategie comuni. “Dobbiamo agire come una comunità globale per affrontare la minaccia prima che sia troppo tardi” sostiene Obama sostenuto anche dal segretario di stato Kerry che dichiara: “La questione del clima deve essere una delle priorità di ogni Paese, la vera arma sono le politiche energetiche, ognuno di noi ha gli strumenti per attuarle, nessuno si può tirare indietro”.

Ban Ki-Moon concludendo afferma: “L’ONU farà la sua parte nella lotta al riscaldamento globale, sarà a impatto climatico zero entro il 2020”. Tutti i leaders si sono impegnati a raggiungere una bozza comprendente accordi significativi già nel dicembre 2014 durante la COP-20 a Lima. Un buon passo che fa incrociare le dita nella speranza che durante la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici di Parigi 2015 un nuovo accordo universale si concluda.

Il Premier Renzi, presente al Summit, nel suo intervento sottolinea: “Quella dei cambiamenti climatici è la sfida del nostro tempo, lo dice la scienza, non c’è tempo da perdere”.

Dichiarazioni però dissonanti con quanto messo in atto dal Governo nel nostro Paese avvalorando la tesi degli scettici sulla reale volontà di modificare il nostro modello di sviluppo e “voltare pagina”. Dati statistici sugli investimenti in energie rinnovabili rendono evidente che nel 2013, sebbene l’Italia sia salita di una posizione nella speciale classifica degli investimenti mondiali in energie rinnovabili rispetto al 2012, si sia registrata una riduzione degli investimenti dell’11% in tale settore. Secondo Bloomberg L.P. si parlerebbe di una riduzione di 11,1 miliardi di dollari nel periodo 2012-2013. Trend che difficilmente sarà invertito dai provvedimenti del Governo che da un lato, con il Decreto “spalma incentivi”, prende di mira gli impianti fotovoltaici in produzione intervenendo in modo retroattivo sulle tariffe, senza intervenire sui sussidi alle fonti fossili, mentre dall’altro, con il decreto “Sblocca Italia” (che pone inoltre in una posizione irrilevante la volontà di comitati e governi regionali), svilisce la Valutazione d’Impatto Ambientale su determinati progetti di trivellazione previsti, non lasciando di certo margine di interpretazione sull’attuale posizione del Governo nei confronti dell’ambiente.

“Quello che stiamo facendo non guarda solo al passato ma è soprattutto un segno di responsabilità verso il futuro”

Ma in effetti la domanda sorge spontanea: se così fosse a cosa servirebbe recuperare qualche barile di petrolio, con il rischio di danneggiare il nostro territorio nazionale, quando ormai l’idea di futuro “responsabile” sappiamo essere associata all’avvento della cultura “green”?

 

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